
Le urla risuonavan nella sala da pranzo in penombra, il profilo del mobilio quasi ricordava dei gargoyle.
Un fulmine s’infranse fuori dalla finestra facendo sbiancare le facce dei due.
Continuavan ad urlare, senza star ad ascoltar altro se non sé stessi.
Gesticolavan senza tregua, le vene in rilievo pulsavan furiose.
Un altro fulmine s’infranse e finalmente si guardarono.
Lei stava con le mani aperte ferme a mezz’aria, mentre lui si teneva la destra sulle tempie e la sinistra ferma dinnanzi al petto chiusa a pugno.
Si guardaron profondamente, per lunghi istanti, fermi come statue.
Si guardarono e fu come la prima volta, come se finalmente si riconoscessero, come se capissero ciò ch’avevan davanti.
Lui la prese di colpo ai fianchi mentre lei si buttava fra le sue braccia; la spinse contro al tavolo mentre con la mano sgombrava la superficie in legno massiccio buttando a terra il posacenere in cristallo ed il centrino. Nel momento in cui il vetro s’infranse al suolo un altro lampo di luce illuminò la stanza e fulmini e tuoni si sincronizzarono ad esso mentre la sollevava dai fianchi per posarla sul tavolo.
Iniziò a baciarla con disperazione, bisogno ed il respiro rotto. Lei si tolse rapidamente la maglia prima di lasciarsi trasportar di schiena sul legno massiccio.
<<Scusa>> si sussurrarono a vicenda prima di far vedere il resto degli abiti al suolo.
La tempesta continuò ad imperversare lasciando la stanza nel buio, finché, un ultimo fulmine rischiarò la pelle nuda in contrasto con il legno massiccio.