Fino a qualche anno fa il cielo era prevalentemente di due tipi durante l’inverno: dimenticato od in tempesta.
Il cielo dimenticato è quello di pochi giorni fa, bianco, semplicemente privo di colore come se fosse un foglio dimenticato, come se s’avessero scordato di disegnarlo; lasciandolo semplicemente incompleto.
In tempesta, ecco, come oggi, il mio clima preferito.
Poco prima delle sette mentre controvoglia mi recavo a lavoro era di due colori, grigio topo e grigio topo scuro. Il grigio topo scuro era dato dalle nubi cariche di tempesta in contrapposizione col cielo “limpido” sopra alla città di Modena.
Una città che ricorda la trappola di “Dubliners” come se si fosse stati rinchiusi in un barattolo ed è per quello che le giornate di tempesta mi riempiono.
Il vento sferza incessante ed io mi sento piena. Piena di cambiamento, di sensazioni, di ricordi e di futuro. Quando sferza il vento mi pare di sentire il futuro, non ne ho mai capito il motivo ma è come se mi sembrasse di precipitare in avanti verso quello che voglio essere e ciò che voglio concludere.
Il vento sferza, portando i ricordi di luoghi lontani, di colori e profumi dimenticati. Passeggi per i viali quando eccolo, un odore che pare riportarti indietro ma nemmeno tu sai quale sia il periodo in cui tornare. Tutto è stagnante, tutto è fermo e tutto si confonde; come in un barattolo.
Il vento sferza, suonando l’anima, trovandone le corde che la rendon canto.
Il mondo mi turbina affianco mentre mi sento incapace di compier anche sol un passo. Quando arriva il vento della tempesta cambia tutto, i polmoni ancor una volta vanno a gonfiarsi . Come se quel frammento d’anima perduto si riempisse nuovamente ed io ricordassi come vivere.
Ed invece io mi blocco; bloccata in me stessa e bloccata in una pozza d’acqua stagnante che sembra risucchiarmi senza una fine.
Bloccata nell’osservar la danza del vento e non riuscir a coglierne la corrente.
Ed il vento passa, lasciandomi lì.
Un alice in un barattolo.